domenica 22 dicembre 2013

La quiete (ingannevole) prima della tempesta.

Credevo di non amarti più ma mi ero solo distratta.
Anonimo.



-Sono veramente stanco.
-Hai lavorato tanto?
-Ho amato a vuoto.
 Luca Turci @flarin


Finalmente la realtà si è aperta una breccia attraverso il muro delle tue ostinate illusioni ed ora riesci a dire a te stessa: "è finita". Ora lo sai.

Tutti ti hanno ripetuto in coro: "Meglio così, perché...".
   Riesci a pensarlo pure tu: "Sì, in effetti, sto bene; il dolore è passato. Quasi mi vergogno a confessare che non me ne frega più niente. I miei conoscenti penseranno che io sia una persona superfiiciale. Fino a ieri lacrime e promesse di amore eterno. E invece...".

Come è possibile?
   Ecco, infatti non è possibile, si tratta soltanto di una piccola tregua. La mente sta combattendo sugli altipiani di Caporetto un'ultima, inutile, eroica resistenza; ma ben presto i nemici sfonderanno la linea difensiva e seguirà l'inevitabile.
    C'è un lasso di tempo, infatti, in cui nel petto sembra essersi conficcata una scheggia che rende il cuore di ghiaccio, come nella fiaba scandinava della Regina delle nevi. Non si sente niente e, dopo troppa passione (nel duplice significato di croce e delizia cui rimanda la radice etimologica della parola greca pathos), si è quasi contenti.

Dura poco questo finto sollievo. Poi si torna in trincea.

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